Metodi tradizionali e nuove tecnologie: la strada per il “bio”


Questo articolo è stato originariamente pubblicato il 27 giugno 2022 sul nostro media partner italiano Il Fatto Quotidiano.


La strada dell’agricoltura biologica è quella da seguire, dice la Commissione europea, che ha appena proposto un regolamento con l’obiettivo di arrivare al 25% di campi bio in otto anni (2030). “Questo dovrebbe già ridurre di un quarto l’uso dei pesticidi”, dice Eva Corral dello European Environment Bureau. Inoltre, per dimezzare l’uso dei pesticidi chimici entro il 2030, l’esecutivo europeo incoraggia l’uso di pratiche alternative e promette di finanziare gli agricoltori per i primi cinque anni di transizione.

114.000 tonnellate

all’anno provenienti da 400 sostanze: con queste cifre l’Italia è sesta al mondo per uso di pesticidi

La ricerca pubblica può aiutare, come sta facendo la Rete Dephy, in Francia, che aiuta gli agricoltori ad applicare metodi di produzione più sostenibili. Tra le azioni: strategie e metodi di coltivazione su misura, eliminazione dei prodotti più inquinanti, rafforzamento dell’immunità delle piante grazie a biostimolanti naturali. “Questa strategia coordinata porta vantaggi diretti sia per l’ambiente che per la salute dell’agricoltore – che è esposto ai prodotti chimici – e può anche avere un impatto positivo in termini di ritorni economici”, dice il coordinatore regionale della rete Benoît Thiret. Tra le pratiche manuali, c’è il diserbo meccanico: “Con questo sistema – prosegue Thiret – possiamo ridurre ulteriormente l’uso di erbicidi. Per riuscirci, però, bisogna usare la macchina al momento giusto, nel modo giusto e con una corretta regolazione, in modo da non compromettere lo sviluppo del raccolto”.

A nord di Parigi, a Richeville, Jean-Philippe Petillon coltiva barbabietole e colza su 100 ettari. È riuscito a insediare i coleotteri sulle strisce verdi tra i campi, che mangiano le lumache che prima eliminava con il veleno. “Ora utilizziamo circa il 50% in meno di pesticidi rispetto alle aziende agricole vicine”, sostiene. E questo alla fine aumenta i profitti: “Il mio commercialista mi ha persino chiesto se avevo perso le fatture”, dice ridendo. Anche la potente lobby agricola Coldiretti vuole partecipare al cambiamento. “Non basta chiedere di ridurre i pesticidi, bisogna snellire le procedure di autorizzazione di nuove sostanze organiche che ora richiedono 7-10 anni”, spiega Paolo Di Stefano, capo dell’Ufficio europeo di Coldiretti: “E poi ci vogliono investimenti sull’agricoltura di precisione, l’uso di droni, sistemi satellitari per spruzzare insetticidi in modo selettivo. Tutto questo costa”.

20 sostanze nocive

su 54 vietate dall’Ue per i rischi per la salute sono autorizzate in Italia con procedura d’emergenza

Poi c’è anche chi torna alle vecchie pratiche. Federico Comini è un giovane agronomo tornato in Maremma dopo la laurea a Pisa. Con la sua azienda “Orti di Maremma” coltiva quelle colture autoctone che sono andate scomparendo con l’agricoltura intensiva: “Siamo, o meglio eravamo, i campioni della biodiversità. In Italia ci sono centinaia di varietà di pomodori, ma nei supermercati troviamo sempre le stesse, che si contano sulle dita di una mano”. L’agronomo ci fa vedere la sua “cassaforte”: una cassettiera con tutti i semi “preziosi” e che nasconderà se un giorno anche in Italia, come in Argentina, i coltivatori saranno obbligati a comprare i semi ibridi dalle multinazionali. Dimostrare che la biodiversità è anche un valore economico è la missione dell’Innovation Center Giulio Natta, a Giussago, 20 km da Milano. Qui, nel 1995, l’ingegnere Giuseppe Natta, figlio del chimico Giulio Natta, inventore della plastica, intercetta un nuovo vento a Bruxelles: partono i primi finanziamenti per la creazione di zone protette. “L’Europa ci pagava per vedere il cavaliere di Malta, le rane, i caprioli, tornare in queste terre. Sono tutti beni collettivi che non hanno un acquirente privato. Così l’Ue ci ha finanziato per mantenerli” spiega il consulente del parco Alberto Massa Saluzzo. “Ogni anno, dal 1995, Bruxelles ha inviato oltre 500 mila euro alla famiglia Natta per tenere le terre incolte”.

E così, circondato dal bosco, il riso dell’azienda riceve una quantità minore di pesticidi perché il “punteruolo”, viene mangiato dai suoi insetti predatori. La natura ha rimesso le cose a posto.