Come funziona il Trattato sulla Carta dell’Energia

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Investigate Europe
23 febbraio 2021
Il Trattato sulla Carta Dell'Energia è un trattato internazionale per la protezione degli investimenti stranieri nel settore energetico. Una delle sue principali caratteristiche è che consente alle aziende e agli investitori stranieri di citare in giudizio gli Stati all'interno di un sistema di arbitrati internazionali.
L’ECT copre i settori del trasporto, del commercio e dell’efficienza energetica ed è applicabile al carbone, al petrolio, al gas e ai progetti nucleari. Il Trattato ha più di 50 firmatari che vanno dall’Europa occidentale all’Asia centrale e al Giappone, a cui si aggiungono l’Unione Europea e la Comunità europea dell’energia atomica. La Russia ha firmato il Trattato ma non l’ha ancora ratificato, ciononostante è stata citata in giudizio in sei cause finora. L’Italia è uscita dall’ECT nel 2016.

Creato negli anni 90′ all’indomani del crollo dell’URRS, il Trattato era progettato per dare protezione alle imprese occidentali che investivano in iniziative nell’energia in Stati dell’ex Unione Sovietica. Molte di queste ex repubbliche sovietiche che prima erano oltre la cortina di ferro erano ritenute rischiose dai potenziali investitori. Per questo nasce l’ECT, firmato nel 1994 ed entrato in vigore quattro anni più tardi. Al giorno d’oggi, nonostante la minaccia di citazioni in giudizio, gli Stati sono incentivati a unirsi all’ECT dalla speranza di attrarre gli investimenti stranieri.

Le dinamiche interne dell’ECT sono gestite dal Segretariato della Carta dell’Energia, il suo organo amministrativo, mentre alla Conferenza della Carta dell’Energia, di cui fanno parte tutti gli Stati membri, fanno capo la direzione e il processo decisionale. Il Segretariato ha sede a Bruxelles e il Segretario Generale è attualmente l’esperto energetico slovacco Urban Rusnák, in carica dal 2012.

Effetti su vasta scala

Nonostante sia un accordo poco conosciuto, l’ECT potrebbe essere determinante nel raggiungimento, o meno, degli ambiziosi obiettivi per il clima dell’UE e dei suoi Stati membri. 

Grazie all’ECTgli investitori e le aziende energetiche di uno Stato possono citare in giudizio altri Stati firmatari se ritengono di essere stati trattati ingiustamente, ad esempio se il Paese vuole eliminare i combustibili fossili, se intende rimuovere oleodotti problematici o limitare l’uso di energia nucleare o ancora fare pressione per prezzi dell’elettricità più bassi. Mano a mano che sempre più Stati UE eliminano gradualmente i combustibili fossili, grazie alla spinta degli obiettivi per il clima, i gestori di centrali elettriche a carbone e di gasdotti possono invocare l’ECT per citare in giudizio gli Stati. Tali richieste di risarcimento, che includono non solo l’indennizzo per investimenti già fatti ma anche per potenziali profitti persi, potrebbero ammontare a miliardi di euro.

Arbitrati internazionali

L’ECT fa uso del sistema degli arbitrati “Investor-state dispute settlement” (ISDS) per risolvere controversie tra in investitore straniero e uno Stato. L’ISDS è un insieme di meccanismi legali pensato per offrire una protezione a investitori stranieri da espropri e trattamenti discriminatori (ad esempio se un governo prende il controllo della proprietà privata) in Paesi che potrebbero essere considerati rischiosi per gli investimenti.

La storia dell’ISDS è più lunga di quella dell’ECT. È stato istituito a metà del ventesimo secolo per proteggere i beni di ex coloni in Stati diventati indipendenti da poco. Al tempo gli investitori sostenevano che fosse necessario un sistema di arbitrati internazionali perché i sistemi giudiziari dei nuovi Stati non avrebbero garantito loro un processo equo. Alle aziende fu quindi concesso il diritto di presentare domanda di risarcimento di fronte a tribunali internazionali per risolvere le loro dispute legali con gli Stati. L’ECT è uno degli strumenti legali più usati all’interno del quadro legislativo dell’ISDS.

L’ECT consente agli investitori esteri di scegliere tra un arbitrato ad hoc o uno “istituzionale” gestito da un ente specializzato con le proprie regole, ad esempio il Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti (in inglese: International Centre for Settlement of Investment Disputes, ICSID) fornito dalla Banca mondiale o l’Arbitration Institute della Camera di commercio di Stoccolma. Se non esiste un tribunale arbitrale istituzionale, le parti devono seguire le regole della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNICTRAL, un organo dell’ONU).

Solitamente sia l’investitore sia lo Stato contribuiscono a scegliere il tribunale arbitrale, che è composto tra tre arbitri. Uno è scelto dal ricorrente, un altro dallo Stato e il terzo, il presidente del tribunale, è nominato dai primi due arbitri o dalle due parti.

Le somme di denaro assegnate in questi processi sono elevate e, secondo un report dell’Istituto internazionale per lo sviluppo sostenibile (in inglese: International Institute for Sustainable Development, IISD), un gruppo di esperti che ha l’obiettivo di promuovere la sostenibilità ambientale, con il passare del tempo sono solo aumentate. Il risarcimento più consistente accordato finora sotto l’ECT è stato nel caso Yukos contro Russia: 50 miliardi di dollari.

“L’ECT, così come altri trattati trattati sugli investimenti, garantisce agli investitori una serie di protezioni fondamentali” dice Sarah Brewin, una consulente di diritto internazionale dell’IISD. “Obbliga lo Stato a risarcire gli investitori se tali obblighi vengono violati, per onorare gli accordi stabiliti nel Trattato. Di solito, però, i trattati non dicono in che modo il tribunale deve stabilire l’ammontare del risarcimento.” Quando si parla di indennizzi, aggiunge Brewin, gli arbitri “sono stati lasciati relativamente liberi di sviluppare le regole che ritengono debbano essere applicate.”

Un esempio di un arbitrato in corso è la causa contro la Germania da parte di Vattenfall, il gruppo energetico di proprietà dello Stato svedese. L’azienda ha chiesto un rimborso di qualcosa come 6,1 miliardi di euro allo Stato tedesco perché ha dovuto chiudere due centrali nucleari nel Paese. Il lodo arbitrale è atteso per maggio 2021.

Secondo Energy Charter Dirty Secrets, al dicembre 2020 il 60% delle azioni legali era stato risolto a favore dell’investitore.

Proficuo per alcuni

L’attraente possibilità di presentare reclami da milioni (o addirittura miliardi) di euro ha fatto nascere un intero settore per gli arbitrati e negli ultimi anni c’è stata un’impennata nel numero di cause legate all’ECT. Le parti possono arrivare a spendere milioni di euro in spese legali di rappresentanza in una singola causa.

Non sono solo gli attuali firmatari del Trattato a correre il rischio di ritorsioni legali da parte delle imprese: se uno Stato decide di recedere dal Trattato sulla Carta dell’Energia, gli investitori possono citarlo in giudizio per altri 20 anni.

Con gli Stati che si trovano a dover affrontare cause costose mentre provano a diventare più ecologici, l’Unione Europea ha indicato di voler modernizzare l’ECT, finora senza risultati. Tutte le modifiche devono essere approvate all’unanimità da tutti gli Stati membri del Trattato, ma alcuni Paesi come il Giappone, favorevole al carbone, hanno già ribadito che non acconsentiranno a una modernizzazione.

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