28 giugno 2023

Il petrolio russo trasferito da nave a nave con le compagnie europee del Big Oil

Lorenzo Buzzoni
Lorenzo Buzzoni
Chris Matthews
Chris Matthews
Thodoris Chondrogiannos
Thodoris Chondrogiannos
Konstantina Maltepioti
Konstantina Maltepioti
Spiaggia di Mavrovouni, Grecia. Yorgos Daoutakos, un ufficiale militare in pensione, indica il luogo in cui nidificano le tartarughe comuni (Caretta caretta), a rischio estinzione. Intanto, dall’altra parte della baia, nel Golfo di Laconia, due petroliere stanno effettuando un trasferimento di petrolio da nave a nave: “Se si verifica un incidente, dal punto di vista ambientale e finanziario, siamo morti”, afferma l’ex militare.
In questa punta meridionale del Peloponneso, le operazioni di trasferimento di petrolio russo da nave a nave (ship to ship, STS) avvengono quotidianamente, nonostante l’embargo dell’UE al petrolio russo trasportato via mare sia in vigore dal 5 dicembre scorso. 

Secondo S&P Global più di 10 milioni di barili di greggio russo sono stati scambiati in mezzo al mare nel mese di maggio e tra questi almeno due milioni sono stati trasferiti a largo della Grecia.  Le operazioni STS potrebbero essere utilizzate per rendere opaca la provenienza del petrolio.

“Ship to ship”. Il va e vieni di navi nel Golfo di Laconia

Così, il 4 giugno, la “Gem No. 3”, una petroliera battente bandiera panamense, entra nel Golfo di Laconia e si avvicina alla “Dale”, una petroliera proveniente dal porto russo di Novorossijsk, gestita dal gigante svizzero delle commodities Trafigura. 

Le due navi restano affiancate per quasi un giorno, fino a che gran parte del petrolio che la “Dale” trasporta viene trasferito nella stiva della “Gem No 3”. Quest’ultima si affianca poi a un’altra petroliera, la “Star C”, anch’essa in arrivo da Novorossijsk, per poi dirigersi verso il porto di Sidi Kerir in Egitto. 

Pochi mesi prima, sempre una filiale di Trafigura, Puma Energy, era stata coinvolta in un’operazione STS nel Golfo di Laconia con la “Nanda Devi”, petroliera di proprietà di Gatik, società con sede a Mumbai, sospettata di essere una copertura per Rosneft, il gigante petrolifero statale russo messo sotto sanzioni. 
A differenza degli armatori, finiti al centro di inchieste per i loro affari con la Russia, i noleggiatori delle navi sono rimasti per lo più fuori dai radar. Ma il loro ruolo è fondamentale: “Gli armatori sono i tassisti che vanno ovunque il cliente dica loro di andare”, spiega un esperto di trasporti marittimi greco che ha chiesto di rimanere anonimo, mentre “i noleggiatori sono i clienti. Sono loro a stabilire dove andrà il taxi”. 
Tra i noleggiatori che gestiscono questo traffico di greggio ci sono grandi aziende occidentali legate al petrolio, come la britannica British Petroleum (BP), la svizzera Trafigura e l’italiana Eni. 
Eni ha effettuato due operazioni STS nel Golfo di Laconia con navi noleggiate, la prima a luglio e l’altra a ottobre 2022. “In entrambi i casi, l’operazione si è resa necessaria per poter scaricare il carico di gasolio – proveniente dall’Arabia Saudita e dall’India – rispettivamente a Ravenna e a Venezia – rispettando le limitanti logistiche dei terminali riceventi”, ha risposto Eni. 
L’8 aprile la “STI Guard”, petroliera di proprietà della società a guida italiana Scorpio Tankers, ha attraccato a Sikka, in India, dove è stata caricata di gasolio. Due settimane dopo il carburante è stato scaricato sulla “Gemma”, petroliera noleggiata dalla BP, nel Golfo di Laconia, per poi essere scaricato in Croazia. La “Gemma” si è poi recata a Malta per un trasferimento via mare con la “STI Gladiator”, un’altra nave della Scorpio Tankers in arrivo da Sikka. La “Gemma” ha poi trasferito il petrolio in Francia.

Il porto di Sikka L’India è il miglior cliente di Putin

Le raffinerie indiane non importavano petrolio russo prima della guerra, ma adesso il porto di Sikka è il più grande importatore globale e il più grande esportatore verso l’UE. “Un sacco di prodotto russo sta fluendo verso est, gli indiani lo raffinano e poi lo rispediscono in Europa. Le molecole russe continuano a entrare nel mercato europeo, solo in forme diverse”, afferma un dirigente del settore petrolifero che ha chiesto di non essere nominato. 

Sebbene non ci sia alcuna prova che le società citate operino illegalmente o eludano in qualche modo le sanzioni, le operazioni Sts possono favorire l’aggiramento delle sanzioni, tanto che le nuove sanzioni dell’Unione europea presentate il 23 giugno includono il divieto di spegnere i sistemi di tracciamento delle navi quando trasportano petrolio russo e l’accesso ai porti dell’UE per le navi che effettuano traffici Sts sospettate di violare le sanzioni. Secondo gli analisti, a maggio c’è stato un aumento del 225% dei trasferimenti Sts “oscuri”, in cui le navi disattivano i loro sistemi di tracciamento.

Il sistema Sts può essere utilizzato anche per ragioni economiche, consentendo alle petroliere di scaricare il carico in modo efficiente, invece di perdere tempo in coda al terminal del porto. “Se una spedizione costa circa 200.000 dollari attraverso un terminal, l’Sts costa circa 25.000 dollari”, spiega Alex Glykas, direttore di Dynamarine, una società di consulenza marittima con sede ad Atene. Dynamarine stima che la percentuale di incidenti nelle operazioni Sts sia del 2,55%: “Se una Sts viene eseguita con la dovuta diligenza, il rischio si riduce a zero”, valuta Glykas.

Rischi ambientali incidenti nel 2,5% dei trasferimenti

Ma Giannis Polychronopoulos, un uomo d’affari che da decenni gestisce attività di disinquinamento nei mari greci, ritiene che le autorità siano mal preparate ad affrontare una fuoriuscita di petrolio: “Dovrebbe esserci una reazione immediata, ma al momento le imbarcazioni antinquinamento sono a 10-12 ore di distanza dal luogo della possibile fuoriuscita”. 

Anche Glykas ammette che la probabilità di un incidente sta aumentando. Le sanzioni hanno permesso a navi obsolete e a noleggiatori, assicuratori e fornitori di servizi di varia competenza, di entrare in gioco e colmare i vuoti lasciati dalle compagnie occidentali. 

Il Memorandum d’intesa di Parigi sul controllo dello Stato di approdo (Mou) classifica le bandiere in bianche, grigie e nere, a seconda del loro rendimento nelle ispezioni. L’analisi dei dati di navigazione di Equasis mostra che almeno sette navi hanno navigato sotto bandiere “grigie” o “nere” durante i traffici Sts al largo della Grecia nelle ultime settimane.

I fornitori di servizi globali – aziende che forniscono attrezzature e personale per le operazioni Sts – sono stati “sostituiti da organizzazioni più piccole con un’evidente mancanza di standard di sicurezza, evidenziata dai loro sistemi di gestione non verificati o dalle valutazioni delle prestazioni passate” conclude Glykas. 

Le petroliere che entrano nel Golfo di Laconia si avvicinano a una delle aree più ricche di biodiversità e altamente protette d’Europa, ma i timori nei confronti di un possibile disastro ambientale sono condivisi solo da una manciata di politici greci. 

Le loro voci sono appena ascoltate in un Paese in cui la navigazione è considerata, insieme al turismo, l’industria numero uno. Gli abitanti del Peloponneso si sono ripetutamente appellati alla Guardia Costiera greca. I parlamentari dell’opposizione hanno interrogato il ministro degli Affari marittimi, che ha la reputazione di essere troppo amichevole con l’industria. A Bruxelles, gli eurodeputati hanno fatto lo stesso con la Commissione europea. Ma la risposta è sempre la stessa: finché le operazioni Sts avvengono al di fuori delle acque territoriali greche, le autorità non hanno giurisdizione. La posizione della Commissione europea fa eco a quella del governo greco: “La legislazione ambientale dell’UE non sembra applicabile nella situazione attuale, poiché le attività si svolgono in acque internazionali dove la Grecia non ha giurisdizione o non ha esercitato i suoi diritti sovrani”. 

Tuttavia, se ci fosse la volontà, il governo greco potrebbe ostacolare queste operazioni. I fornitori di servizi, infatti, utilizzano il porto locale per spostare attrezzature e personale verso le petroliere. Senza permessi, le operazioni Sts sarebbero impossibili. Ma i dati governativi mostrano che la Grecia ha rilasciato decine di permessi per i fornitori di servizi dal 2019, tra cui uno il mese scorso. E quando un ex capo della guardia costiera di Kalamata, che ha votato contro la concessione dei permessi, ha chiesto alle navi di essere informato sulle loro attività, è stato trasferito in un altro porto.

Questo articolo fa parte dell’inchiesta congiunta tra Investigate Europe e Reporters United, Fuelling War, ed è stato pubblicato sul media partner italiano Il Fatto Quotidiano il 28 giugno 2023.
Altre versioni di questo articolo sono state pubblicate dai nostri mediapartner europei Republik (Svizzera), Der Tagesspiegel (Germania) e Meduza (Lettonia).
Hanno contribuito al reportage: Sotiris Sideris (Reporters United), Nico Schmidt and Lorenzo Buzzoni (Investigate Europe) e Priscilla Imboden (Republik).

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