In UE Italia e Spagna contro la “cauzione” sulle bottigliette rese

Alexia Barakou

Lorenzo Buzzoni
Lorenzo Buzzoni
Manuel Rico
Manuel Rico
Amund Trellevik
Amund Trellevik
27 aprile 2023
I SISTEMI DRS - Usati da 13 Paesi (specie del Nord) hanno portato a tassi di raccolta della plastica oltre l’80% (la media UE è del 58%). Ma i produttori li osteggiano
“Siete liberi di vendere bottiglie di plastica. Ma se poi non le raccogliete, dovrete pagare molto”. Questa in sintesi è la politica che ha portato la Norvegia a introdurre a fine anni 90 un sistema di deposito cauzionale (Deposit and return system, Drs) nelle parole di Kjell Olav Maldum, ad di Infinitum, società dei produttori di bevande che gestisce la raccolta e il riciclo delle bottiglie in Norvegia. Oslo ha introdotto nel 1999 un’elevata tassa ambientale che ha spinto i produttori a organizzare un sistema capace di raccogliere oltre il 95% degli imballaggi, soglia oltre la quale non si paga la tassa. Così in Norvegia i clienti pagano un deposito al momento dell’acquisto della bottiglia di plastica (25 cent), rimborsato al momento della restituzione del prodotto in una delle migliaia di macchine dislocate nei supermercati. Questo sistema ha portato la raccolta di lattine e bottiglie in Pet quasi al 99%.

In UE si è tornati a parlare di Drs a seguito della direttiva SUP (Single-Use Plastics) del 2019 che fissa come obiettivo la raccolta di Pet al 77% entro il 2025 e al 90% nel 2030. Secondo la Corte dei Conti europea i Drs, già adottati in 13 Paesi, raccolgono in media oltre l’80% delle bottiglie in Pet, rispetto a una media UE del 58%. Pioniera del sistema di deposito cauzionale fu la Svezia nel 1984. È stata poi la volta di Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Estonia, Croazia e Lituania. Un anno fa si sono aggiunte Slovacchia, Lettonia e Malta, seguiranno Grecia, Portogallo, Scozia, Romania e Ungheria (2023), il resto del Regno Unito (2024) e l’Austria (2025).
Fabbrica per il riciclo della plastica in Norvegia.

In Italia, il DRS per gli imballaggi di bevande è stato introdotto col dl Semplificazione bis di luglio 2021, ma manca ancora il decreto attuativo e non si sa quando (e se) arriverà, vista l’opposizione del mondo industriale e del Cnai, il consorzio nazionale imballaggi, che lo ritiene “una duplicazione inutile di costi economici e ambientali”: distribuire in tutta Italia circa 100.000 macchine per la raccolta comporterebbe “un investimento iniziale di 2,3 miliardi di euro” e “un costo di gestione di 350 milioni l’anno”. Numeri che Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe, contesta: “100.000 in Italia pare una cifra esagerata perché in Germania, un paese da più di 80 milioni di abitanti, sono solo 40.000. Già questo cambia lo scenario dei costi”. L’alternativa proposta da Conai è “affiancare alle raccolte tradizionali un sistema di raccolta selettiva che costerebbe dieci volte meno” . Tale raccolta selettiva è stata avviata da Coripet, consorzio concorrente di Conai che riunisce imprese produttrici di imballaggi in Pet, che dal 2021 ha installato oltre 800 eco-compattatori per intercettare le bottiglie in Pet e avviarle a riciclo. Gli eco-compattatori identificano l’imballaggio dalla lettura del codice a barre sulla bottiglia, evitando che altri contenitori possano essere immessi. In cambio, chi conferisce la bottiglia accumula punti per sconti in negozi convenzionati e la possibilità di ottenere dei premi. “L’obiettivo è superare i 5.000 eco-compattatori al 2026: siamo convinti di raggiungere gli obiettivi che ci chiede l’UE”, dice Corrado Dentis, presidente del Coripet.

La quantità di Pet raccolta tramite gli eco-compattatori è però, al momento, irrisoria: appena 2.109 tonnellate sulle 372 mila totali raccolte da Conai-Coripet nel 2021 (meno dell’1%), che attestano l’Italia a un tasso di raccolta del 46%, Cifra ben distante dal primo obiettivo del 77% entro il 2025. “Il sistema Coripet non ha il deposito, che è un forte incentivo a riconsegnare la bottiglia, e si basa sulla sponsorizzazione volontaria della grande distribuzione che ospita gli eco-compattatori. Questo ha contribuito a mantenere il sistema in una posizione di marginalità, come in Spagna”, spiega Enzo Favoino. La Spagna non ha un DRS ed è improbabile che lo abbia a breve. Una legge approvata nel 2022 ne prevede l’istituzione se non si raggiunge il 70% di raccolta differenziata di bottiglie di plastica monouso entro il 2023, ma Ecoembes – l’equivalente spagnolo di Conai – prevede di superare questa percentuale. Per oltre dieci anni, Ecoembes s’è opposta all’introduzione del DRS in Spagna: “È un modello che non ha un obiettivo ambientale, commercializza l’atto civico del riciclaggio, confondendo e penalizzando il cittadino, da un punto di vista economico è insensato. E i costi poi sono molto elevati”, ha detto nel 2016 Óscar Martín, allora ad di Ecoembes.

In cambio, Ecoembes ha investito su “Reciclos”, una app basata sull’offerta di incentivi (scooter elettrici, bottiglie di olio biologico) a chi ricicla. Un’idea che Changing Market Foundation considera “l’ultimo tentativo” di uccidere il sistema DRS in Spagna. In Italia, come in Spagna, si continua a incentivare la diffusione degli eco-compattatori: a ottobre 2021 il governo nel “decreto Mangiaplastica” ha destinato 27 milioni a fondo perduto per l’acquisto degli eco-compattatori da parte dei Comuni.

“Quel decreto non affronta il problema alla radice. Sono iniziative poco più che sperimentali e basate sulla risposta dei cittadini più sensibili, che non portano a fare i numeri che dovremmo fare” sostiene Mario Grosso, professore di waste management del Politecnico di Milano. Il DRS permette invece di ridurre l’abbandono di rifiuti: “In Italia ogni anno 7 miliardi di contenitori monouso sfuggono alla differenziata” dice Silvia Ricci, promotrice della campagna “A buon rendere”, ricordando che “la bottiglia dispersa fa male anche alle tasche del Comune perché rappresenta un costo e non un’opportunità economica”.
Anche il DRS ha però delle criticità. Il professor Grosso avverte che il DSR “non mira a prevenire la produzione della plastica. C’è il rischio di far passare il messaggio che la plastica sia cosa buona e giusta, se riciclata. Il DRS non è altro che l’assicurazione sulla vita per la plastica”. Parole che trovano conferma nella posizione di Maldum, ceo di Infinitum, in Norvegia : “In futuro avremo molta più plastica. Come faremo a gestirla in modo efficiente? Questo deve essere il nostro obiettivo, invece di dire che dobbiamo smettere di usarla”.
Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2024 sul nostro media partner italiano Il Fatto Quotidiano.

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