In Europa restano ancora molte questioni scottanti sugli inceneritori

Alexia Barakou

Eurydice Bersi (Reporters United)
Eurydice Bersi (Reporters United)
Lorenzo Buzzoni
Lorenzo Buzzoni
Nico Schmidt
Nico Schmidt
3 maggio 2023
L'Europa incenerisce gran parte dei 30 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti ogni anno e la maggior parte dei Paesi brucia più plastica oggi rispetto a dieci anni fa. L'industria sostiene che l'incenerimento fa parte dell'economia circolare e sottolinea come poche materie plastiche possono essere effettivamente riciclate. Ma dove ci sono gli inceneritori la raccolta differenziata rallenta e la plastica finisce per essere bruciata, rilasciando nell’ambiente un cocktail di sostanze chimiche tossiche.
Uno dei fatti meno noti della crisi energetica dello scorso autunno è stata una misura di emergenza presa dal governo tedesco che consentiva agli inceneritori di operare senza filtri a causa dell’imminente carenza dei prodotti chimici necessari. L’incubo è stato scongiurato, ma ha messo in luce la vulnerabilità di un sistema di smaltimento dei rifiuti che per molti è la soluzione ottimale. 

L’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti è considerata un beneficio concreto per le comunità locali, anche se le quantità sono ridotte (solo il 2,5% dell’energia europea proviene dagli inceneritori) e la plastica, quando viene incenerita, è un killer climatico peggiore del carbone (2,9 tonnellate di CO2 per tonnellata contro le 2,7 tonnellate di C02 per tonnellata di carbone).

Linceneritore è nemico dell’economia circolare 


Ogni giorno la città di Brescia è invasa da migliaia di camion che scaricano tonnellate di rifiuti nell’inceneritore più grande d’Italia. Nel 2021 l’inceneritore di Brescia di proprietà della multiutility A2A è stato alimentato con circa 730.000 tonnellate di rifiuti. Di queste, poco più di 30 mila sono prodotti nel comune di Brescia. Il resto proviene da tutta Italia.

Secondo Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe, gli inceneritori sono rivali del riciclo. “Se a Treviso avessero costruito, come volevano fare, due inceneritori, non sarebbe diventata la provincia più avanzata in Italia in termini di raccolta differenziata. Perché dove ci sono inceneritori, c’è la necessità di garantire un ritorno dell’investimento, per tecnologie che non sono convertibili e sanno fare solo quello: bruciare quantità fisse di rifiuti indifferenziati” dice Favoino.
L’inceneritore di Brescia, il più grande in Italia. Dei 500 inceneritori sparsi in Europa, 37 sono in Italia.Lorenzo Buzzoni

Marco Migliorati, attivista dell’associazione 5R Zero Sprechi, spiega che a Brescia la raccolta differenziata dell’organico è di pessima qualità a causa delle presenza dell’inceneritore. “Il Comune di Brescia, che ha interesse a che si incenerisca il più possibile per massimizzare i profitti dato che è in parte proprietaria dell’inceneritore, ha messo in piedi un sistema di raccolta differenziata dell’organico che non è porta a porta, come per gli altri materiali, ma che utilizza dei cassonetti dove le persone conferiscono personalmente l’organico. Così nella raccolta si trova una quantità maggiore di residui estranei che portano l’organico a finire nell’inceneritore” dice Marco Migliorati.

L’incenerimento stesso produce rifiuti problematici. ”Nel 2020, l’inceneritore di Brescia ha prodotto 131.000 tonnellate di ceneri pesanti quindi di scorie, e 36.500 tonnellate di ceneri leggere, quindi residui di filtrazione che sono anch’essi rifiuti tossici e nocivi. Questo vuol dire che l’inceneritore non chiude il ciclo dei rifiuti, perché deve trovare il modo di collocare in discarica o trattare i rifiuti che sono le ceneri di fondo e anche i rifiuti pericolosi tossici, che sono i fumi dei sistemi di abbattimento” dice Celestino Panizza, medico dell’ISDE di Brescia. 

Secondo il rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente, la qualità dell’aria di Brescia è tra le peggiori d’Europa. Tra le cause principali ci sono le emissioni provocate dal traffico su strada e le emissioni di ammoniaca e ossidi di azoto causate dagli allevamenti intensivi. “Ma anche l’attività dell’inceneritore A2A” come scritto in un’interrogazione alla Commissione Europea della deputata dei Verdi Eleonora Evi, che si domanda “se non sia il caso di arrestare le emissioni provenienti dall’inceneritore di Brescia”.

Investigate Europe ha individuato alcuni aspetti critici dell’incenerimento dei rifiuti, tra cui la difficoltà di monitorare l’impatto degli inceneritori sull’ambiente e la mancanza di trasparenza nei controlli.

Falsa percezione di sicurezza

La prima lacuna è legata al modo in cui viene misurato l’inquinamento degli inceneritori: per lo più in condizioni stazionarie, raramente durante gli avviamenti e gli arresti, anche se è ampiamente documentato che questi sono i momenti in cui può essere emesso il maggior quantitativo di inquinamento. 
Ma quando le linee guida per l’incenerimento dei rifiuti nell’UE sono state riviste per l’ultima volta nel 2019, è successo qualcosa di straordinario.

“Nel nostro gruppo di lavoro ci siamo battuti affinché le emissioni di diossina e furano venissero misurate costantemente in tutta Europa”, confessa una fonte presente alle discussioni. “Anche i governi francese e belga l’hanno appoggiata. L’Agenzia federale tedesca per l’ambiente, invece, ha finito per bloccarla”. 

Le diossine e i furani sono probabili agenti cancerogeni che vengono emessi principalmente quando le plastiche contenenti cloro, come il PVC, vengono incenerite.

“L’industria cerca di misurare durante gli arresti”, afferma Abel Arkenbout, capo tossicologo della fondazione olandese ToxicoWatch. “È irresponsabile presentare alle persone una falsa percezione di sicurezza quando questa si basa su misure e metodi di misurazione imperfetti, che non funzionano correttamente nei momenti chiave dei processi di combustione incompleta”.

Ella Stengler, direttore generale dell’associazione europea degli inceneritori (CEWEP), sostiene invece che l’inquinamento è misurato correttamente: “Siamo molto orgogliosi delle prestazioni ambientali degli impianti di termovalorizzazione dei rifiuti in Europa.  

Rischi del monitoraggio

In secondo luogo, vengono monitorati solo alcuni inquinanti clorurati. I PFAS, agenti potenzialmente tossici contenenti fluoro, noti anche come “sostanze chimiche eterne” perché non si decompongono, non vengono misurati. Questo nonostante gli inceneritori siano tra i siti sospetti di contaminazione da PFAS

“Molti dei prodotti che utilizziamo nella nostra vita quotidiana contengono PFAS e, quando questi prodotti diventano rifiuti, non ci sono molte vie di trattamento disponibili per evitare la dispersione di queste sostanze”, ammette Stengler, che aggiunge però che “non esiste ancora un metodo di misurazione certificato per i PFAS”.
Un impianto di incenerimento incombe su una strada di Basilea. È uno dei 30 impianti presenti in Svizzera.Shutterstock

In terzo luogo, non esiste alcun obbligo normativo per monitorare gli effetti dell’inquinamento prodotto dagli inceneritori sugli organismi viventi nel loro ambiente o su prodotti come latte e uova. I test vengono effettuati solo per rilevare il rilascio di una gamma limitata di sostanze chimiche nell’ambiente. Ciò può sottostimare notevolmente gli effetti reali dei cocktail tossici che si accumulano nelle cellule nel corso del tempo.

Gli attivisti si battono per l’accesso ai dati 

Stengler del CEWEP afferma che il settore è impegnato nella trasparenza. “Gli operatori sono tenuti per legge a comunicare i dati alle autorità competenti per la valutazione della conformità. A loro volta, le autorità competenti sono tenute per legge a rendere disponibili al pubblico i dati pertinenti, che sono quindi apertamente accessibili”. 

Un’esempio smentito da quanto accaduto a Volos, nella Grecia centrale, dove una fabbrica di cemento utilizza 185.000 tonnellate di rifiuti come combustibile ogni anno.
Gli attivisti sostengono che il cementificio di Volos sia legato a problemi di salute nella regione.Shutterstock

Le autorità hanno minimizzato i problemi di inquinamento per anni, anche se a Volos si registra un numero di ictus quattro volte superiore, soprattutto tra le donne, e un numero di casi di cancro al fegato 2,5 volte superiore alla media nazionale. Le ricerche hanno mostrato un forte aumento dei ricoveri ospedalieri proprio nei periodi in cui l’inquinamento da particelle era elevato. 

“Hanno cercato di dipingere tutti noi come pazzi”, dice il cardiologo Matthaios Dramitinos, ex direttore dell’ospedale cittadino di Volos. Ci sono molte altre fonti di inquinamento in città – scarichi di auto, caminetti, altre fabbriche – e l’esatto contributo della fabbrica ai problemi di salute della città è un argomento molto controverso.

Dopo tre grandi proteste, l’azienda ha accettato di pubblicare online i dati sull’inquinamento. Ma non include informazioni sul mercurio o altri metalli pesanti, nonostante il mercurio sia uno dei principali problemi di inquinamento nei cementifici.

“Le autorità provinciali hanno promesso di effettuare le proprie misurazioni dal 2016”, afferma. “Avremmo dovuto supervisionare il funzionamento dell’impianto, attraverso un comitato locale di controllo”, dice Stelios Limnios, ingegnere in pensione e attivista che sostiene che i dati devono essere compilati in modo indipendente. “Il comitato non è mai stato costituito e nel 2019 l’accordo per la sua istituzione è stato cancellato”.  

E in Francia, un comitato di monitoraggio locale non è stato informato quando, nel gennaio 2023, un impianto di rifiuti urbani di Nizza gestito da Veolia ha incenerito rifiuti radioattivi. L’azienda ha dichiarato che si è trattato di un incidente, ma il rischio che i rifiuti pericolosi finiscano nei normali inceneritori è sempre presente.

In ogni caso, l’incenerimento dei rifiuti lascia un’impronta distintiva e potenzialmente tossica. Una traccia che molti preferiscono non cercare, nel timore che le alternative siano peggiori.    

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