Le autorità faticano a tracciare il traffico illegale di rifiuti in Europa

Alexia Barakou

Lorenzo Buzzoni || ""
Lorenzo Buzzoni
Wojciech Cieśla || ""
Wojciech Cieśla
Paulo Pena || ""
Paulo Pena
5 maggio 2023
I rifiuti di plastica in Europa sono in aumento e liberarsene è un processo costoso a vantaggio di un mercato nero con soluzioni più economiche, ma le risorse limitate e l'inefficacia delle normative lasciano le autorità in balia dei commercianti illegali di rifiuti.
Nella città di Wschowa, in Polonia, l’attività di estrazione di sabbia ha attirato l’attenzione delle autorità dopo che la popolazione locale si era lamentata di odori rancidi provenienti dai campi. I documenti del tribunale mostrano che nelle buche di sabbia e ghiaia venivano seppellite migliaia di tonnellate di rifiuti illegali provenienti dalla Germania e dalla Polonia occidentale, sufficienti a riempire circa 5000 camion di grandi dimensioni.

Sempre in Polonia, nel 2019 Greenpeace ha scoperto un centinaio di balle di rifiuti plastici abbandonati in una zona industriale: alcuni provengono dalla raccolta differenziata italiana. Tra le balle di rifiuti si sono trovate etichette di noti prodotti italiani e, in almeno una, quella dell’impianto di una società campana di smistamento della raccolta differenziata e degli imballaggi in plastica.

“Tutto è iniziato nel 2018, quando la Cina ha chiuso il suo mercato dell’import di rifiuti di plastica. Poi altri Paesi, Malesia e Filippine, Polonia, Slovacchia, Romania, Tunisia, Turchia, Marocco ed Egitto sono stati messi sotto pressione per accettare più rifiuti”, afferma Piotr Barczak, esperto di economia circolare presso la Poland’s Zero Waste Association. 

Gli aumenti dei prezzi per lo smaltimento legale dei rifiuti invogliano le aziende a scegliere fornitori alternativi per la gestione dei rifiuti. I criminali registrano legalmente delle società e si presentano come “facilitatori” per i servizi di gestione e smaltimento dei rifiuti chiedendo prezzi molto più bassi rispetto alle altre società presenti sul mercato legale. I rifiuti di plastica che fingono di riciclare sulla carta finiscono poi nelle discariche illegali a cui spesso viene dato fuoco.

Solo nel 2018 in Polonia sono state bruciate più di 130 discariche mentre dal 2013 al luglio 2022 si sono verificati 1388 incendi in impianti di trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti in Italia, secondo il rapporto Ecomafie 2022 di Legambiente.

Pene leggere per chi traffica illegalmente rifiuti

Spesso la frazione di plastica che viaggia al di fuori dei confini nazionali è il cosIddetto plasmix, plastica eterogenea che può essere riciclabile, ma ha un valore così basso che non c’è mercato per questi materiali.

“Il plasmix può rappresentare tra il 20 e il 50% di tutti i rifiuti plastici, a seconda della capacità dell’impianto di selezione. E questa è una parte che va all’inceneritore o in discarica. O nell’est Europa”, dice Giuseppe Ungherese, esperto di plastica e responsabile dell’unità investigativa di Greenpeace Italia.

Il prezzo pagato per ogni tonnellata di rifiuti illegali da chi vuole sbarazzarsene in Europa occidentale oscilla tra i 30 e i 50 euro in Polonia. Si tratta di un prezzo di gran lunga inferiore a quello dei percorsi legittimi verso gli impianti di riciclaggio in Germania, che possono costare 300 euro a tonnellata. Scaricare i rifiuti in una discarica nel Regno Unito può costare 113 euro a tonnellata, più del doppio che in Polonia, Romania, Bulgaria o Croazia, dove i siti illegali sono molto diffusi.
Una discarica illegale di rifiuti plastici in Polonia.Shutterstock

Le autorità polacche si vantano pubblicamente delle centinaia di ispezioni effettuate ogni anno sulle spedizioni di rifiuti. Ma solo una minima parte arriva in tribunale. Gli ispettori ambientali incontrati a Varsavia, Lisbona o Atene hanno la stessa spiegazione : i procuratori non amano i casi di rifiuti. I casi sono ardui, le risorse limitate e le condanne rare.

Le pene detentive massime in Europa raramente superano i cinque anni. In Spagna il massimo è di due anni. In Italia la norma relativa al reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti punisce “con la reclusione da uno a sei anni. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività, la pena è della reclusione da tre a otto anni”. In Slovenia vigono le leggi più severe: il contrabbando e lo scarico illegale di rifiuti sono punibili fino a 12 anni di carcere.

“La legislazione europea sui reati ambientali – e anche sui rifiuti di plastica – è molto indulgente nei confronti dei trasgressori”, afferma Helmut Maurer, un ex esperto della Direzione per l’economia circolare della Commissione europea, che ha lavorato per decenni sulle questioni relative ai rifiuti. ”La legge considera i trasgressori come ‘attori economici’ e nella maggior parte dei casi, le cause contro di loro non reggono in tribunale perché la legge rende difficile provare i reati”.

Carenza di personale

Secondo un esperto di spedizioni di rifiuti dell’IMPEL, un’organizzazione di volontari che riunisce gli ispettori ambientali nazionali europei, molti Paesi non hanno abbastanza personale per condurre le ispezioni e, quando queste avvengono, spesso l’attenzione è rivolta a droghe o alcol.

Nel dipartimento polacco per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti lavorano solo 22 persone. In Spagna, il Ministero della Transizione Ecologica (MITECO) ha sei dipendenti che si occupano di questi problemi. Diciotto persone sono responsabili del monitoraggio delle spedizioni di rifiuti in Francia. Il Ministero dell’ambiente italiano non ha fornito dati sul numero dei responsabili incaricati di monitorare le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti.

“Non esiste un dipartimento speciale di polizia incaricato di controllare le spedizioni di rifiuti. Per questo motivo, è impossibile fornire un numero di agenti. Eppure, negli ultimi anni c’è stato un taglio del 5% delle forze di polizia in Italia, con 15.000 agenti in meno” lamenta un portavoce del Sindacato Autonomo di Polizia.

Anche gli stipendi sono bassi rispetto agli altri dipendenti pubblici. In Portogallo gli alti funzionari guadagnano meno di 3.800 euro al mese. Lo stesso problema esiste in Polonia, dove gli ispettori se ne vanno per lavori meglio retribuiti nel settore privato.

“La carenza di personale è un problema generale e diffuso. Non abbiamo abbastanza personale per svolgere ispezioni più quantitative e qualitative”, afferma il funzionario dell’IMPEL.

Difficoltà nel tracciare le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti

Le poche ispezioni sono meno efficaci anche perchè la maggior parte del commercio dei rifiuti si basa su documenti cartacei. Non esiste una banca dati elettronica dei rifiuti unica per l’Europa e alcuni Paesi non pubblicano ancora i registri delle autorizzazioni per la gestione dei rifiuti.

“I controlli vengono effettuati a livello documentale. Nessuno va a vedere fisicamente la natura del carico. Diverso è il discorso quando si esce dai confini europei. L’Agenzia delle Dogane effettua controlli a campione” dice Giuseppe Ungherese di Greenpeace sottolineando come le agenzie doganali negli ultimi anni siano state fortemente impoverite in termini di personale.

La comunicazione tra i Paesi dell’UE in materia di rifiuti non è facile, poiché non esiste un sistema unico e comune per analizzare i dati provenienti da diversi Paesi. “La mancanza di tracciabilità internazionale ostacola gli sforzi per identificare la fonte, il destinatario e altre piste investigative”, aggiunge unl rapporto dell’Interpol.
La produzione di rifiuti di plastica in Europa è aumentata di oltre il 20% tra il 2010 e il 2020.Shutterstock

Per migliorare la situazione, l’UE ha creato IMSOC, un sistema per la gestione delle informazioni provenienti dalle ispezioni ufficiali. Ma l’introduzione di un sistema IMSOC per il controllo dei rifiuti procede a rilento: attualmente solo 32 Paesi su 148 lo utilizzano. L’uso del sistema non è obbligatorio, ma lo diventerà dopo l’introduzione del nuovo regolamento UE sulle spedizioni di rifiuti (WSR).

L’Italia è un esempio della difficoltà nel creare una buon sistema della tracciabilità dei rifiuti. Il sistema di controllo della tracciabilità digitale dei rifiuti SISTRI, istituito nel 2010 e mai entrato in funzione, è stato abolito nel 2019.

“Il SISTRI è stato uno dei più grandi sprechi nella gestione dei rifiuti speciali”, ha dichiarato nel 2018 il ministro dell’Ambiente Sergio Costa sul sito del ministero, “un sistema che non è mai entrato effettivamente in funzione, ma che ha comportato costi a carico delle aziende coinvolte e dello Stato che hanno superato i 141 milioni di euro dal 2010 a oggi. Il SISTRI è stato un inferno normativo per otto anni” ha concluso l’ex ministro dell’Ambiente. 

Così è stato creato un nuovo sistema di tracciamento digitale, il RENTRI. Annunciato nel 2019, è entrato in vigore in via sperimentale solo nell’estate del 2022. Fino a quando non diventerà pienamente operativo, perché non sono ancora stati emessi i decreti attuativi, la maggior parte della tracciabilità continuerà con un sistema cartaceo. È interessante notare che l’obbligo di registrazione riguarda solo le aziende che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi. Quindi le spedizioni di plastica non sono tracciate in questo caso.

L’Europa può mettersi al passo con i criminali?

La Commissione europea afferma che “sistemi di controllo/ispezione divergenti e la mancanza di criteri di ispezione armonizzati, in particolare la frequenza e la qualità delle ispezioni, compromettono l’applicazione uniforme del WSR” indicando che “una delle ragioni principali della persistenza delle spedizioni illegali di rifiuti è la mancanza di un’applicazione uniforme in tutta l’UE”.

Dal 2016, l’UE ha finanziato almeno tre progetti per combattere il movimento illegale di rifiuti. Si tratta in gran parte di una raccolta di kit di formazione, informazioni normative e tendenze attuali in materia di rifiuti illegali. Il progetto “Shipment of Waste Enforcement Actions” potrebbe tuttavia fornire agli ispettori un valido supporto digitale, in quanto prevede di lanciare uno strumento di tracciamento dei rifiuti basato su GPS.

“Finora abbiamo sviluppato un manuale per le autorità su come utilizzare i tracker e per alcuni Paesi abbiamo ordinato e consegnato i tracker”, spiega un portavoce. “Non sono ancora stati utilizzati, quindi al momento non abbiamo risultati”.
La proposta per un nuovo regolamento sul Trasporto di Rifiuti (WSR) è sul tavolo legislativo dal dicembre 2022. Potrebbe entrare in vigore all’inizio del 2025, con sanzioni più severe e misure per affrontare le differenze di interpretazione e attuazione in Europa.

Per gli ispettori ambientali sul campo in Polonia, tuttavia, rintracciare le operazioni illegali sui rifiuti rimane una sfida. “A volte ci chiamano polizia ambientale”, dice un ispettore che ha preferito mantenere l’anonimato. “Ma noi siamo un organo amministrativo, conduciamo procedimenti amministrativi, non indagini. La prima cosa che ci sentiamo dire dagli avvocati delle aziende ispezionate è che non avevamo motivi sufficienti per fare un’ispezione. Se si dimostra che abbiamo abusato dei nostri poteri, tutti i nostri risultati non sono validi. I regolamenti sono deboli”.

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