L’Europa continua a finanziare la guerra della Russia in Ucraina con l’acquisto di combustibili fossili

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Una nuova analisi di Investigate Europe e Reporters United rivela come Mosca continui a trarre profitti dalle esportazioni di combustibili fossili grazie alle compagnie di trasporto europee che continuano a facilitare gran parte del commercio. Embargo e tetto ai prezzi stanno riportando i guadagni della Russia a livelli più bassi rispetto allo scoppio della guerra in Ucraina, quando (marzo-maggio 2022) la Russia guadagnava un miliardo al giorno nella vendita del greggio, però il Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA) stima che la Russia stia ancora guadagnando 640 milioni di euro al giorno dalle esportazioni di combustibili fossili. 



In un mese, tra il 5 dicembre e il 5 gennaio, dei 689 carichi di combustibili fossili che hanno lasciato i porti russi, 250 sono stati trasportati da petroliere, metaniere e carboniere europee e più di 100 di queste spedizioni erano destinate a porti europei. Le compagnie con sede in Germania, Monaco, Cipro, Danimarca, Norvegia, Regno Unito e Italia (come la Gestioni Armatoriali di Napoli e la Navigazioni Montanari di Fano) hanno esportato combustibili fossili dalla Russia, ma sono gli armatori greci a dominare questo mercato. Le imprese greche hanno effettuato 161 traffici per un totale di 12 milioni di DWT [tonnellate di portata lorda] – un terzo della capacità navale totale di tutte le esportazioni. 

Oltre alla TMS Tankers del miliardario greco George Economou, che ha una galleria intitolata a suo nome alla Tate Modern di Londra, IE e Reporters United hanno scoperto che tre società che controllano i principali media greci – tutti molto critici nei confronti dell’invasione – non si sono lasciate sfuggire l’occasione di fare affari con il greggio partito dai porti russi. 

La Avin International, società controllata da Vardis Vardinoyannis, proprietario di due delle sei stazioni televisive private greche, ha trasportato greggio su navi da 270.000 DWT dopo il 5 dicembre. Una seconda nave registrata a nome di Ioannis Alafouzos, proprietario della rete televisiva SKAI e che in un rapporto annuale si era detto “profondamente scioccato dalle atrocità perpetrate contro il popolo innocente dell’Ucraina”, ha lasciato la Russia il 3 gennaio con un carico di greggio diretto in Turchia. Quattro giorni prima, la Capital Ship Management, controllata da Evangelos Marinakis, proprietario di squadre di calcio in Inghilterra e Grecia e della rete televisiva Mega, ha lasciato la Russia con migliaia di tonnellate di greggio per una destinazione non dichiarata. 



“Sono rimasta scioccata nell’apprendere che le compagnie di navigazione europee e i loro proprietari di alto profilo hanno continuato a esportare petrolio e gas russo, e questo mi spinge a chiedere giustizia”, afferma Svitlana Romanko, fondatrice e direttrice della ONG ucraina Razom We Stand. “Chiedo ai funzionari europei responsabili di indagare immediatamente e scoprire se le sanzioni sono state violate o se queste aziende sono complici di pratiche illegali collaborando con la Russia”.

Le importazioni di greggio nell’UE sono vietate dal 5 Dicembre, ma dopo un mese dall’inizio dell’embargo, i dati CREA segnalano 30 spedizioni partite dalla Russia verso i porti dei Paesi membri. In Italia si sono registrati 3 arrivi di greggio dalla Russia, a Trieste, Augusta e Milazzo.  Interrogati sulla provenienza del greggio, il Gruppo TAL, proprietario dell’oleodotto SIOT di Trieste che trasporta greggio in Germania, ha risposto a IE che “non può rilasciare dichiarazioni pubbliche relative alla movimentazione delle navi se non alle autorità competenti”, precisando che la società osserva da sempre tutte le norme inerenti l’esercizio della propria attività, tra le quali rientra il rispetto delle sanzioni promulgate dalla UE”, mentre la raffineria di Milazzo (RAM) di proprietà di Eni e Kuwait ha precisato che il carico partito dalla Russia è di origine Kazaka, e come tale, non soggetto a sanzioni. 

C’è infatti una scappatoia nelle sanzioni che permette questi traffici. Se il greggio che proviene dai porti russi è originario di altri Paesi, allora non è soggetto al divieto di importazione in UE. I porti russi di Novorossijsk e Ust’-Luga ricevono grandi quantità di greggio dal Kazakistan e 23 dei 30 traffici elencati per l’UE sono partiti da questi porti. Il terminal di Novorossijsk fa parte del Caspian Pipeline Consortium (CPC) che invia il petrolio dal Kazakistan occidentale attraverso il suo oleodotto al porto del Mar Nero. Ma il CPC è in parte di proprietà dello Stato russo dato che Transneft, società statale russa che gestisce i gasdotti e gli oleodotti in Russia, detiene una quota del 24% nel progetto. Secondo il sito web del CPC un quota del 12,5% appartiene alla Lukoil, la stessa compagnia petrolifera privata russa finora proprietaria della raffineria ISAB di Priolo, in Sicilia, recentemente venduta al fondo cipriota Goi Energy. Nel CPC c’è anche Eni con una quota del 2%. 

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Il porto sul Mar Nero di Novorossijsk vede arrivare enormi quantità di greggio dal Kazakistan.

Inoltre, le sanzioni attuali riguardando solo il greggio. Alla richiesta di spiegazioni di un carico partito dalla Russia e arrivato a Sarroch, in Sardegna, il 24 Dicembre, la raffineria Saras fondata da Angelo Moratti e il cui figlio, Massimo, ne è il presidente, ha dichiarato a IE che si tratta di “un carico di gasolio relativo ad un contratto firmato prima dell’inizio della guerra in Ucraina”. In questo caso non ci sarebbe dunque nessuna violazione dato che il divieto di acquisto, importazione o trasferimento di prodotti petroliferi in UE entrerà in vigore a partire dal 5 Febbraio 2023. 

Secondo le nostre informazioni, il presidente Putin starebbe preparando la sua contromossa. Al fine di aggirare l’embargo, la Russia starebbe creando una “flotta ombra” di petroliere in grado di non essere toccata dalle sanzioni. Per continuare a esportare combustibili fossili nell’UE, l’azienda di navigazione statale russa Sovcomflot ha infatti trasferito la gestione di decine di navi a una società registrata negli Emirati Arabi Uniti, la Sun Ship Management. Investigate Europe ha scoperto che questa società (i cui amministratori, secondo il registro finanziario di Dubai, includono dirigenti della Sovcomflot, indicata come “partner e team tecnico” di Sun Ship sul suo sito web) ha effettuato 39 viaggi dopo il 5 dicembre su navi con 3,2 milioni di DWT. 

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Molte petroliere Sovcomflot ora viaggiano sotto bandiera EAU.

Siamo ancora lontani dal marzo scorso quando la Presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen, dichiarava in un tweet che “per prosciugare le risorse utilizzate da Putin per finanziare la sua guerra, non permetteremo alcun tipo di elusione”. 

Le compagnie di trasporto e gli assicuratori europei possono continuare a facilitare gli scambi di greggio al di fuori dell’UE purché dimostrino di vendere il greggio russo a un prezzo non superiore ai 60 dollari al barile. Il sistema è “inapplicabile” e “permette alle compagnie europee di facilitare un commercio che finanzia la guerra in Ucraina”, afferma Mai Rosner della ONG ambientalista Global Witness. “Il tetto massimo dei prezzi si basa sull’onestà di commercianti, compagnie di trasporto e assicuratori nel dichiarare il prezzo pagato per il petrolio russo”, afferma Rosner. “Queste compagnie hanno pochi incentivi o capacità di agire come amministratori delle sanzioni e non ci si può fidare che assolvano i propri compiti”.


Questo articolo è stato pubblicato anche dal nostro media partner italiano Il Fatto Quotidiano.
Gli autori della versione in italiano sono: Chris Matthews, Lorenzo Buzzoni, Sotiris Sideris, Thodoris Chondrogiannos, Konstantina Maltepioti.


Questo articolo fa parte dell’inchiesta congiunta di Investigate Europe e Reporters United “Fuelling war. Le navi europee che tengono a galla l’economia russa“. I grafici sono stati prodotti da Tagesspiegel.

I dati utilizzati in questa inchiesta provengono da diverse fonti, tra cui i dati sulle spedizioni di CREA (Centre for Research and Energy and Clean Air), MarineTraffic e Datalastic. Le informazioni sulle singole navi /compagnie/ amministrazioni provengono da Equasis.
Maggiori informazioni e ulteriori dati sono consultabili qui.