Sanzioni UE: intoccati gli affari multimilionari nucleari della Russia

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The Cruas nuclear power station in Ardèche, France.

“C’è bisogno di una risposta più forte nei confronti del terrorismo nucleare della Russia da parte della comunità internazionale, incluse sanzioni sul suo settore nucleare e sul combustibile nucleare”, ha twittato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in agosto a seguito del bombardamento di una centrale nucleare nel Paese. 

Dall’inizio dell’attacco russo in Ucraina, l’Unione europea ha approvato diversi pacchetti di sanzioni con l’obiettivo di colpire l’economia russa e quindi ridurre le risorse finanziarie disponibili per la guerra. Le sanzioni hanno colpito figure di spicco, prodotti di ogni tipo e, ovviamente, i combustibili fossili. Finora, però, il nucleare ne è sempre rimasto fuori e così è stato anche mercoledì 28 settembre, quando la Commissione ha proposto un altro pacchetto di sanzioni, l’ottavo dall’invasione. Nuove restrizioni al commercio, un tetto al prezzo del greggio per paesi terzi ma ancora nulla sulla cooperazione nucleare con la Russia e le importazioni di uranio, anche se molti le avevano chieste.

Lo stesso Parlamento europeo è d’accordo: “Un embargo completo e immediato sulle importazioni dalla Russia di petrolio, carbone, combustibile nucleare e gas”, oltre che: “La fine della collaborazione con le aziende russe sia sui progetti nucleari nuovi, sia su quelli già in essere, inclusi quelli in Finlandia, Ungheria e Bulgaria (dove gli esperti russi possono essere sostituiti con personale occidentale) e la riduzione progressiva dell’uso dei servizi di Rosatom”. 

Venerdì 23 settembre, pochi giorni prima della proposta della Commissione, cinque Stati UE (Polonia, Irlanda, Estonia, Lettonia e Lituania) hanno suggerito un divieto alla cooperazione con la Russia per qualsiasi tipo di attività nel nucleare. Dietro le quinte anche la Germania ha dato il suo sostegno a un divieto di importazione dell’uranio. 

Il Segretario di Stato tedesco Sven Giegold lo ha confermato a IE: “Ci sarebbe piaciuto interrompere la dipendenza dalla Russia su tutte le fonti di energia, incluso, ovviamente, l’uranio. L’abbiamo proposto molte volte ma dobbiamo accettare il fatto che, purtroppo, le sanzioni devono essere approvate all’unanimità”. Ha poi aggiunto che il governo di coalizione tedesco vorrebbe eliminare l’unanimità su molte aree decisionali dell’UE.

Molte delegazioni nazionali pensano che l’interesse dei tedeschi nell’uranio sia puramente tattico: sanno che è impossibile che ne venga vietata l’importazione perché ci sarebbe bisogno dell’unanimità. Un diplomatico al Consiglio europeo ha detto a IE: “I tedeschi usano l’uranio per dimostrare che anche gli altri hanno dei punti deboli, visto che la Germania è stata accusata di essere troppo indulgente nelle sanzioni sul gas”.


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Un carico di uranio russo a Dunkerque in Francia lunedì 13 settembre 2022.

La dipendenza europea

Questa resistenza è facilmente spiegata: dipendenza. Di un possibile divieto all’importazione dell’uranio o di altre sanzioni per il settore nucleare russo finora se ne è solo parlato nei salotti dell’UE, una proposta formale non è mai arrivata.

Secondo una fonte diplomatica “la Commissione europea non l’ha mai proposto perché l’impatto maggiore non lo subirebbe la Russia ma alcuni Stati membri dell’est Europa che sono fortemente dipendenti dall’infrastruttura e dalle tecnologie russe”. 

I Paesi più recalcitranti sono Ungheria e Bulgaria secondo Ariadna Rodrigo, attivista UE per Greenpeace e funzionaria del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo: “L’Ungheria è il Paese che si oppone con più forza [al divieto alle importazioni nucleari dalla Russia]: sta costruendo due reattori con prestiti russi”.

“Se i governi vogliono veramente fermare la guerra devono tagliare il cordone ombelicale del nucleare con il Cremlino e al suo posto concentrarsi sul risparmio energetico e le rinnovabili. Non includere il commercio nucleare nelle sanzioni significa lasciarci un buco così grande che ci passerebbe un carro armato”, ha aggiunto.

Quanto grande? In termini economici, i Paesi UE nel 2021 hanno pagato alla Russia circa 210 milioni di euro per l’uranio naturale e altri €245 milioni al Kazakistan, le cui miniere di uranio sono controllate da Rosatom, di proprietà dello Stato russo.

L’anno scorso l’UE ha importato 2358 tonnellate di uranio naturale dalla Russia, quasi il 20% del totale. Secondo il report annuale 2021 dell’ente UE Euratom Supply Agency (ESA), solo il Niger (con il 24,4%) e il Kazakistan (con il 23%) sono stati fornitori maggiori. 



L’energia nucleare è fonte di circa un quarto di tutta l’elettricità dell’Europa nel suo complesso ma, stando ai dati dell’UE, la quota aumenta a quasi il 40% in Slovacchia, Ungheria e Bulgaria e oltre il 70% in Francia.

La dipendenza da combustibile nucleare russo è maggiore nell’Europa dell’est e centrale, dove ci sono 18 centrali nucleari progettate dalla Russia e che dipendono dalle sue tecnologie e dai suoi servizi, oltre che dal combustibile fornito da Rosatom. Nello specifico ci sono due reattori in Bulgaria, sei in Repubblica Ceca, due in Finlandia, quattro in Ungheria e altri quattro in Slovacchia. 

“Ci sono compagnie nucleari europee che lavorano a stretto contatto con Rosatom, l’unica compagnia nucleare russa che fornisce tecnologia, uranio e servizi all’Europa. È talmente radicata che tagliare i ponti è visto come un pericolo per il settore del nucleare”, ha aggiunto Rodrigo di Greenpeace.

In agosto il governo ungherese ha sorpreso i suoi vicini europei dando il via libera alla costruzione di due nuovi reattori russi che erano in progetto da diversi anni.



Il ruolo della Francia

Molti governi, e in particolar modo quello francese, hanno fatto pressione sulla Germania perché interrompa la sua dipendenza dal gas russo ma la dipendenza della Francia dall’uranio russo della Francia viene fatta passare in sordina. Secondo Le Monde, la Francia importa una media del 20% dell’uranio naturale dalle miniere kazake (controllate da Rosatom).

L’europarlamentare dei Verdi Michèle Rivasi, strenua oppositore del nucleare, indica l’ex CEO di EDF (la principale compagnia elettrica semi-pubblica francese), Henri Proglio, come esempio dell’interconnessione tra Francia e Russia sul nucleare: Proglio fa parte del comitato consultivo internazionale di Rosatom.

“Se Macron avesse chiesto a Proglio di dimettersi, l’avrebbe senz’altro fatto. La dipendenza francese non sta solo nelle importazioni di uranio ma anche nel trattamento delle scorie nucleari e in molte altre attività”, ha detto Rivasi a Investigate Europe. 

L’europarlamentare Christophe Grudler, del partito Renew Europe di Macron, sostiene che sia gusto escludere il nucleare dalle sanzioni: “Se colpissimo contemporaneamente il gas e il nucleare avremmo un serio problema di energia”, ha detto a Investigate Europe.

Aggiungendo: “Non dimentichiamoci che il settore nucleare non è fatto solo dalle centrali ma anche dalle turbine a vapore. Una dei leader mondiali, o forse proprio la prima, è la compagnia francese Arabelle. E ricordiamoci che due terzi delle turbine viene venduto proprio a Rosatom”.

Alcuni media francesi all’inizio dell’anno avevano riportato che Rosatom avrebbe dovuto acquisire il 20% delle quote di GEAST, il produttore delle turbine Arabelle per centrali nucleari.



Bisogna diversificare le fonti di approvvigionamento

Almeno uno dei Paesi che dipendono dal nucleare, però, parrebbe aperto alle sanzioni alla Russia in quell’area: la Finlandia. L’argomento è saltato fuori durante uno degli incontri tra ambasciatori europei a maggio, nell’ambito delle discussioni sul sesto pacchetto di sanzioni in cui Polonia, Germania, Austria, Estonia e Lituania appoggiavano le sanzioni sul settore dell’energia nucleare. Secondo un resoconto diplomatico di una delegazione nazionale dell’incontro, la Finlandia era aperta alla proposta.

Un’altra fonte diplomatica vicina alle discussioni ha riferito che il problema sta nella necessità di adattarsi, che può avvenire solo in tempi lunghi: le tecnologie devono essere modificate, gli ingegneri devono essere formati, le fonti di approvvigionamento devono essere diversificate.

Possibili future sanzioni sull’uranio russo dovrebbero avere tempi di attuazione molto lunghi per essere accettabili per tutti gli Stati membri. “Così lunghi da risultare ridicoli”, ha detto la fonte di IE. 

Nel suo report annuale, l’Euratom Supply Agency ha osservato che: “Finora il combustibile nucleare e i servizi del settore sono stati esclusi dalle sanzioni ma questa situazione potrebbe evolversi”. Euratom consiglia anche che ci siano sempre almeno due fornitori alternativi per ogni fase del ciclo del combustibile e, ogniqualvolta sia possibile, almeno un fornitore UE”.

Contemporaneamente, l’iniziativa della Commissione europea, “REPower EU”, (punta a interrompere la dipendenza europea dall’energia russa) afferma menziona il nucleare: “Diversificare le opzioni è importante anche per gli Stati membri che attualmente dipendono dalla Russia per il carburante nucleare per i loro reattori, sia per la generazione di energia, sia per altri utilizzi”. 

Questo richiederebbe di: “Lavorare all’interno dell’UE e con i partner internazionali per assicurarsi fonti alternative di uranio e per incrementare la capacità di conversione, arricchimento e produzione di carburante in Europa o nei partner globali dell’UE”.

Secondo la World Nuclear Association, un’organizzazione pro-nucleare supportata dal settore, si stanno mettendo in atto strategie per ridurre l’indipendenza delle rotte russe.

“Le rotte per il trasporto dell’uranio dal Kazakistan [circa il 45% della fornitura mondiale] sono oggetto d’interesse di molti visto che la maggior parte passano prima da San Pietroburgo per arrivare ai convertitori occidentali” ha detto a Investigate Europe il portavoce, Henry Preston, che ha poi aggiunto: “Kazatoprom [la più grande compagnia di approvvigionamento kazaka] ha già sviluppato una rotta internazionale che passa dal Mar Caspio ed esclude completamente il territorio russo. Inoltre, ci sono altre rotte verso l’est del Kazakistan attraverso la Cina”. 

Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, alcune compagnie europee hanno scelto di interrompere le importazioni. Un esempio è il gigante dell’energia svedese Vattenfall che ha deciso di interrompere tutte le importazioni di uranio dalla Russia il 24 febbraio, il giorno dell’inizio dell’invasione, e sostituire con fornitori canadesi e australiani. 

È probabile che la separazione dell’Europa dall’uranio e dalle competenze russe avvenga molto progressivamente. Nel frattempo, l’Europa continuerà a foraggiare le casse russe, adottando contemporaneamente nuove sanzioni per fare l’esatto contrario: prosciugare i fondi al Cremlino.