I legami tra l’osservatorio europeo sulla disinformazione e le piattaforme

Credit: Alexia Barakou

Undici persone sulle venticinque che lavorano all’osservatorio hanno legami con i giganti della tecnologia. La maggior parte sono studiosi e giornalisti non collegati direttamente alle piattaforme, ma i cui datori di lavoro ricevono finanziamenti o sono pagati dai firmatari del codice di buone pratiche che l’esecutivo europeo ha imposto ai giganti del web, come Google e Facebook.

Il primo è Richard Allan, un membro del consiglio di amministrazione di EDMO ed ex-capo lobbista di Facebook in Europa tra il 2009 e il 2019Come riportato da Investigate Europe, mentre Allan era lobbista per Facebook, faceva pressione su esperti dell’UE perché non scegliessero la via dei regolamenti europei per imporre paletti alle piattaforme. Lord Allan, fa parte del parlamento britannico, è alleato politico di Nick Clegg, l’ex leader dei liberali britannici, oggi vicepresidente di Facebook.

La seconda in odore di conflitto d’interessi è Madeleine de Cock Buning, direttrice del comitato consultivo di EDMO e attuale vicepresidente delle politiche pubbliche di Netflix. La piattaforma di streaming globale non ha ancora firmato il codice UE di buone pratiche.

“Tra chi controlla non dovrebbero esserci persone che hanno legami con chi deve essere controllato”, dice Monique Goyens, direttrice del BEUC, un’unione di 46 associazioni di consumatori europee. “Il passaggio di Richard Allan da Facebook a EDMO è stato così veloce, un tipico caso di revolving doors (porte girevoli)“. 

“Gli esperti che hanno legami con il settore non possono dirsi indipendenti”, aggiunge Vicky Cann, di Corporate Europe Observatory, una ONG per la trasparenza, “Quelli che lavorano o che ricevono finanziamenti dal settore tecnologico non dovrebbero far parte di un’organizzazione come EDMO, qui ci sono seri conflitti di interesse”.

Alcune di queste connessioni non sono un segreto per il gruppo europeo delle autorità di controllo nazionali, ERGA : “Siamo a conoscenza dei legami e delle persone coinvolte”, ha detto Lubos Kuklis a capo dell’unità disinformazione in ERGA. “Per sapere se ci sono legami, i finanziamenti delle piattaforme devono essere trasparenti”, spiega Kuklis. Sally Reynolds, un membro non pagato del consiglio consultivo di EDMO, ha un punto di vista diverso – crede che sia normale che ci siano profili come questi. “Non vogliamo esperti di ittica a parlare di disinformazione” dice Reynolds, esperta di educazione mediatica, a IE, “Forse non hanno palesi conflitti d’interesse, ma potrebbero avere opinioni e da loro ci aspettiamo, appunto, opinioni”.

In una dichiarazione inviata a Investigate Europe, EDMO garantisce che i membri del suo consiglio, come Allan, rappresentano la diversità degli stakeholder. L’osservatorio ha aggiunto che il suo statuto stabilisce delle misure per potenziali conflitti d’interesse. Allan e de Cock Buning non hanno voluto inviare commenti.

Finanziato con soldi europei per 2,5 milioni, più 11 milioni  dagli otto hub regionali sparsi nel continente, il progetto EDMO è una partnership tra università e fact-checker che hanno finanziamenti propri. Guida l’iniziativa lo European University Institute (EUI) di Firenze, finanziato dalle piattaforme tramite tre organizzazioni. Gli altri partner sono il Centro tecnologico di Atene (Athens Technology Center) che ha ricevuto donazioni da Google nel 2016 e nel 2019, l’Università di Aarhus che attualmente sta conducendo nove progetti finanziati da Google e Facebook, e la testata italiana di fact-checking Pagella Pubblica, con Facebook tra i principali clienti. Con un sistema a cascata, i factcheckers- giornalisti ricevono soldi dalle piattaforme attraverso i loro giornali – soprattutto dalla Digital News Initiative di Google. Ora l’Osservatorio lavorerà direttamente per Google, dovendo selezionare i beneficiari dei 25 milioni di euro del Fondo europeo per i media e l’informazione il cui solo donatore è, appunto, solo Google.

“Sta diventando molto difficile trovare studiosi non finanziati dalle piattaforme” dice la direttrice del Beuc, Goyens. L’esecutivo europeo difende le sue scelte e dichiara: “La battaglia contro la disinformazione non avviene nel vuoto, deve essere uno sforzo condiviso tra molti stakeholder. Per questo le piattaforme cooperano con fact-checker e ricercatori e sostengono il loro lavoro”.

Che le piattaforme online non siano solo traghettatori di notizie ma abbiano spesso un’agenda politica è stato varie volte provato nel passato: Brooke Binkowski, ex-impiegata di Facebook, ha raccontato a Investigate-Europe che “è stata assunta una squadra per diffamare il magnate George Soros che aveva criticato Facebook, diffondendo materiale contro la sua Fondazione, Open Society (il capo operativo di Fb, Sheryl Sandberg ha ammesso di dirigere un gruppo per indagare sugli interessi finanziari di Soros, nda) e contenuti antisemiti”. Inoltre, i controllori come lei, ricevevano pagine diverse da analizzare, non c’era trasparenza sui contenuti da controllare, decideva la dirigenza. E venivano pagati per ogni fake news trovata, un modo forse non molto indipendente di lottare contro le stesse fake news.

Il codice di condotta per le piattaforme web adottato a Bruxelles nel 2018 è uno strumento blando: incoraggia le piattaforme a lanciare vari progetti sulla disinformazione, è volontario e autoregolamentato. Ora al palazzo Berlyamont si lavora ad una nuova versione che fissi dei paletti più stringenti per i fact-checkers, sarà approvata a marzo.


Università e fact-checker del network di EDMO che ricevono finanziamenti o pagamenti dalle piattaforme:

Possono essere o partner di EDMO o datore di lavoro principale di un suo membro del consiglio o entrambe.

Università e istituti: Athens Technology Center, Università di Aarhus, Università di Amsterdam, George Washington University, Università di Sheffield, Scuola di economia e scienze politiche di Londra (LSE), Netherlands Institute for Sound and Vision, Vrije Universiteit Brussel, Science Po, UCLouvain.

Fact-checker: Pagella Politica, DW, AFP, the Journal, VRT, Knack Mag (Roularta), Algemeen Nederlands Persbureau, Bellingcat, Maldita, Agência Lusa, Faktisk.no (Amedia AS, Dagbladet AS), GEDI Gruppo Editoriale, Correctiv, Delfi, DPA, Ellinika Hoaxes, Science Feedback, Verificat.


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