Un nuovo treno europeo sotto l’albero di Natale

Ma oggi solo il 6 % dei passeggeri e il 18 % delle merci, viaggia in treno. Qualcosa è andato storto nei piani della Commissione europea che vent’anni fa ripeteva a più non posso il mantra “from road to rail”, ma poi finanziava autostrade a go-go e annuiva per politiche fiscali favorevoli per le compagnie aeree low-cost. Ci sono vari colpevoli in questo fiasco colossale, come i giganti del ferro, specie in Francia e Germania, che hanno boicottato ogni pacchetto ferroviario e l’apertura dei loro mercati ai treni europei; o la mentalità liberalizzata delle compagnie ferroviarie, che in molti Paesi sono rimaste pubbliche e in posizione da monopolista, ma ragionano ormai in termini di profitto e non più di servizio pubblico. Investigate Europe ha enumerato tutte le cause del fallimento dei treni europei, nell’inchiesta, appena pubblicata, dal titolo: “Fine corsa. Lo stato di abbandono delle ferrovie europee”.

Ora la Commissione cerca di correre ai ripari. Alla fine dell’”anno europeo del treno”, come è stato ribattezzato il 2021 e al termine di un lungo viaggio in treno attraverso 26 Paesi europei con lo smagliante “Connecting Europe Express” (che ha mostrato più le debolezze del sistema, che i vantaggi di viaggiare in treno) arrivano le proposte.

O, meglio, arrivano le promesse di proposte che seguiranno, si spera, nel 2022.

Sarà proposto un nuovo regolamento per i biglietti transfrontalieri ed evitare così che chi perde una coincidenza debba ricomprare tutti i biglietti con le varie compagnie che, quasi sempre, non si parlano tra loro. Sugli ostacoli tecnici, spesso usati per tenere chiuse le frontiere, gli Stati sono già obbligati dal 4° Pacchetto ferroviario a istallare il sistema di segnalamento comune ERTMS entro il 2050. Ora Bruxelles tira la corda, chiede addirittura ai governi di adeguare le proprie flotte entro il 2040. IE ha documentato come molti Paesi continuino a ottenere dall’agenzia ferroviaria europea (ERA) autorizzazioni per treni che possono viaggiare solo in alcuni Paesi, come i nuovi ICE4 della Deutsche Bahn, con un solo sistema di alimentazione, che possono circolare solo in Austria, Germania e Svizzera; o le nuove locomotive polacche, studiate unicamente per il sistema polacco. Per non parlare dei tentativi spagnoli di entrare nel mercato francese, adeguandosi alle specificità della rete francese, con gli ostacoli a ripetizione che la Spagna incontra di fronte alle autorità transalpine, al produttore francese Alstom e al gigante che controlla sia i treni che la rete, SNCF.

“La Commissione mostra almeno la propria volontà di migliorare il sistema ferroviario in Europa”, commenta Jon Worth, attivista e autore della campagna a favore dei treni notturni Trains for Europe. Basterà il nuovo approccio dell’esecutivo europeo, si chiede Worth? “Sappiamo che il diavolo in questo caso sono le compagnie ferroviarie e i governi nazionali, entrambi con un approccio conservatore e nazionale. Sappiamo tutti che tipo di cose devono essere fatte, ma gli Stati membri non sono disposti a farle, e le imprese ferroviarie tradizionali vogliono mantenere invariati i loro modelli di business”. Ma, dice Worth, “La proposta di sbigliettamento multiplo, se fatta correttamente, potrebbe essere un notevole passo avanti”. 

Bruxelles proporrà anche un sistema facilitato per i macchinisti, cercando di semplificare la giungla attuale di certificati e diplomi. Ma sul tema spinoso di una lingua comune, l’inglese, per portare un treno da un Paese all’altro, non si sbilancia e promette un vago “potrebbe anche” proporre un regime unico per la lingua. Oggi un macchinista deve conoscere la lingua del Paese dove transita minimo a un livello B1. La Francia ha già detto di non volere rinunciare al francese nei treni che transitano per la Francia.

E se da un lato la Commissione promette di usare la mano pesante contro gli Stati che non si vorranno adeguare alle regole, dall’altro offre nuovi investimenti per i treni. La Banca europea degli Investimenti (BEI) apre la “Green Rail Investment Platform, che invita gli Stati a presentare progetti di connessioni ferroviarie transfrontaliere che la Banca europea potrà finanziare. Oltre a 15 progetti pilota che la Commissione vorrebbe approvare l’anno prossimo, anche comprando nuovi treni, aumentare così il traffico ferroviario. La Commissione incoraggia anche il potenziamento dei treni notturni attraverso il canale della BEI, come il direttore della Commissione Kristian Schmidt aveva già annunciato nel webinar organizzato da Investigate Europe qualche settimana fa.

A palazzo Berlyamont si è lavorato anche sul fronte fiscale: “La Commissione studierà la possibilità di un’esenzione dell’ IVA per i servizi internazionali”, si legge nell’Action Plan, così come è già per gli aerei. Questo, insieme con l’introduzione di una tassa per il kerosene negli aerei, come annunciato dal pacchetto “Fit for 55”, dovrebbe dare vigore al traffico dei treni.

“È un piano ambizioso”, ha dichiarato la CER, la lobby dei rappresentanti delle compagnie ferroviarie a Bruxelles: “C’è un urgente bisogno di migliorare la competitività del trasporto ferroviario e delle sue infrastrutture, sia fisiche che digitali. Per stimolare il trasferimento modale, l’UE dovrebbe creare condizioni di parità per tutti i mezzi di trasporto e una parità di trattamento nella tassazione energetica”.

Più debole invece la proposta della Commissione su un’armonizzazione dei canoni di accesso alla rete (track access charges): la proposta è di presentare nel 2023 delle linee guida, quando sappiamo che alcuni Paesi, come Francia e Germania, impongono tariffe anche di 20-30 € a km, contro 1,50€/km della Svezia, e che un treno in sosta in una stazione parigina paga anche 900-1000€ contro i 50€ a Vienna. Forse delle semplici linee guida non basteranno per mettere fine a questa giungla delle tariffe, all’interno di un mercato unico.

“Il traffico ferroviario è stato anche duramente colpito dalla crisi COVID, con perdite totali di circa 50 miliardi di euro negli ultimi 2 anni”, spiega il direttore esecutivo della CER, Alberto Mazzola. Il settore aereo ha in effetti ricevuto circa 40 miliardi di euro per compensare le perdite dovute alla pandemia. Altrettanto non hanno ricevuto le compagnie ferroviarie.

Inoltre, se è pur vero che i piani nazionali di ripresa, approvati dalla Commissione europea, vanno oggi nettamente a favore dei treni più che delle strade (nel PNRR italiano 24 miliardi vanno alle ferrovie contro un timido 1,2 miliardi per la messa in sicurezza delle strade), con un investimento totale del 7,28 % a favore dei treni, è anche vero che questo non vale per tutti i Paesi: in Francia 4 miliardi sono previsti per il ferro e 8 per gli aerei, la Germania ha pianificato 10 miliardi per il settore aereo e niente per il treno. 

Se il 2021 è stato l’anno delle promesse e di un ritrovato amore per il treno, il 2022 deve essere l’anno dei fatti, per convincere più persone a usarlo. Jon Worth non vuole coltivare false illusioni: «Mettiamola così: poche persone prenderanno il treno Lisbona-Berlino o Parigi-Bucarest. Quello che dobbiamo fare è assicurarci che le tratte dove il treno impiega 4-6 ore – sia nazionali che internazionali in Europa – siano migliorate, e che la quota di mercato della ferrovia aumenti. In alcune tratte, fino a 800 km, funziona già e i prezzi sono calati».