Milano, il parco giochi dei costruttori senza case per le famiglie

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Lo spiazzo appena bonificato è in attesa di accogliere le fondamenta del villaggio olimpico per le Olimpiadi Invernali del 2026. Nella città degli eventi a ripetizione, lo scalo ferroviario di Porta Romana entra a far parte della schiera degli oltre 150 cantieri con più di 5mila metri quadri che hanno trasformato Milano nel parco giochi dell’edilizia finanziaria. Un Monopoli che nel 2021 ha attirato 4 dei 10,4 miliardi degli investimenti italiani nel real estate. “Tutti vogliono investire a Milano perché ha dati economici forti, buone infrastrutture, una dimensione territoriale contenuta e dei prezzi inferiori rispetto a Parigi e Londra”, dice Giovanni Paviera, ex CEO di Generali immobiliare Italia.


Vista di Milano (CC BY-NC-ND 2.0)

E mentre a spartirsi le aree più redditizie della città sono le società di gestione del risparmio (Sgr) come Coima, Hines e Prelios, l’amministrazione pubblica si accontenta delle briciole. Come i 200 milioni di euro di oneri di urbanizzazione, riscossi nel 2022. La giunta comunale esulta, sorvolando sul fatto che la tabella dei valori non viene aggiornata dal 2007 e che nel nostro paese sono così bassi che Roberto Camagniprofessore emerito di economia urbana al Politecnico di Milano, dichiara: “Siamo in presenza di un vero e proprio paradiso fiscale. Si va da un 2% a un 5-6% del valore del costruito, contro il 30% della Germania e il 15% in Francia”. Stessa storia con l’accordo di programma, per la rigenerazione di sette ex scali ferroviari. Il professore ha fatto i conti: “Secondo l’art. 17 del decreto “Sblocca Italia’ del 2014, al Comune sarebbero spettati 350 milioni di euro, il 50% dei 700 milioni delle plusvalenze, dovute alla variante urbanistica. Ferrovie dello Stato ne ha promessi solo 50 milioni” spiega Camagni. Ma la Regione non ha mai recepito questa legge nazionale. “La realtà è che gli operatori del settore immobiliare sono sempre stati ascoltati sia in Regione che in Comune” aggiunge l’urbanista del Politecnico di Milano, Alberto Roccella. 

In nome della rigenerazione urbana gli investitori immobiliari godono a Milano di altri ‘regali’, come l’abbattimento del 60% degli oneri di urbanizzazione o l’incremento fino al 20% dell’Indice di edificabilità massimo previsto dal Piano di Governo del Territorio (PGT). Così Manfredi CatellaCEO di Coima, dopo aver trasformato Porta Nuova, ha comprato il Pirelli 39, contando di poter usufruire della legge regionale sull’ampliamento delle volumetrie a costo zero. Una legge approvata nemmeno 24 ore dopo il suo acquisto e che permetterà la realizzazione del “ponte-serra” che collegherà il Pirelli 39 alla futura Torre botanica progettata dall’archistar Boeri. “Un dono per la città” lo ha definito Catella. Non la pensa allo stesso modo Maria Finzi del Sindacato inquilini Sicet, che ricorda come per esempio a Citylife “i grattacieli sono sopraelevati, ci si accede dal garage e non è possibile camminare dentro l’area. La rigenerazione urbana non è a beneficio della collettività, ma dell’investimento stesso”.


Palazzi residenziali a City Life

E neppure a beneficio dell’ambiente, visto che nel periodo 2020-2021 il consumo annuo di suolo a Milano è aumentato di otto volte rispetto all’anno precedente (dati Ispra). Il PNRR ha destinato 900 milioni di euro per 23 progetti di rigenerazione urbana nel capoluogo lombardo, “Si è un pò dimenticato dell’aspetto della ‘casa’, e questo ci ha sorpreso molto perché il problema della casa nelle aree ad alta densità è il problema numero uno”, ha detto l’assessore alla rigenerazione urbana, Giancarlo Tancredi. Soprattutto a Milano, dove i prezzi delle abitazioni sono cresciuti del 30% dal 2013 ad oggi e il mercato degli affitti è il più caro d’Italia con un aumento del 37% rispetto al 2021. 


Vista su Via Padova | Foto di: Maria Maggiore

Giacomo Negri, dell’associazione “Abitare in Via Padova” si oppone alla crescente presenza di speculatori immobiliari in città. “Il sistema sta esplodendo. A Milano non si trovano più tranvieri o insegnanti perché non vogliono più venire a lavorare in città, con un affitto a 1.200 euro per un bilocale e uno stipendio a 1.400 euro”. Se ne rende conto l’assessore alla casa della giunta Sala, Pierfrancesco Maran: “Il miglioramento della città ha reso alcune zone attrattive e interessanti, incrementando i prezzi in quartieri che erano di natura popolare”. Però poi chi governa la città si rivolge ai privati. 

Giancarlo Tancredi, assessore alla rigenerazione urbana : “L’amministrazione pubblica non ha abbastanza fondi per realizzare autonomamente gli alloggi. Già facciamo fatica a mantenere efficienti quelli che abbiamo, figuriamoci a realizzarne di nuovi. Pensiamo sia invece opportuno ricevere l’aiuto degli operatori privati”. Solo che i privati pensano al profitto e intanto la classe media, quella che non rientra dell’edilizia pubblica, fa le valigie e lascia Milano. 

Come Franca, una graphic designer, residente nel quartiere storico periferico del Giambellino. Alla ricerca di un nuovo alloggio per lei e le sue due bambine, madre single, non riesce più a trovare niente, in tutta Milano. Risultato: a malincuore sta trasferendo la famiglia in provincia di Pavia. Eppure aveva provato persino a Cascina Merlata, l’area periferica riscoperta durante l’Expo 2015 che il Comune ha “rigenerato” affidando a Investire sgr e all’immobiliare di Cassa Depositi e Prestiti, la CDP sgr, la costruzione di appartamenti in social housing. “Il reddito ammesso andava fino a 99 mila euro all’anno, non pochi. Inoltre sono stati fatti dei colloqui per scegliere il miglior inquilino”, racconta Ermanno Ronda, segretario provinciale del sindacato degli Inquilini Sicet. “Se social housing vuol dire lasciar fare ai privati, non è più social”. 

Per le case popolari la situazione è ancora più drammatica: 14 mila famiglie sono in lista d’attesa, il Comune riesce a rispondere appena al 3% all’anno. Gli stranieri restano discriminati da un sistema a punti che premia chi risiede nel Comune da più di 10 anni. E i “veri” poveri sono completamente esclusi dall’edilizia pubblica, che chiede un Isee sopra i 3000 euro l’anno. “A Milano c’è una vera emergenza abitativa”, denuncia Ronda. Nel 2021 c’erano 20.300 convalide di sfratto, di cui 5.472 già esecutive”. Ma gli immobiliaristi non si possono disturbare. Al convegno “Investire”, tenuto a Milano lo scorso 10 novembre, Manfredi Catella ha dichiarato: “Non puoi mettere delle regole dove se converti e fai riuso edilizio devi destinare il 20% del costruito all’edilizia sociale. Il nostro è un sistema pubblico che tende a impedire la crescita privata e questo è molto grave”. 

Murale in Via Padova | Foto di: Maria Maggiore