Prezzi dell’energia in aumento, ma l’Europa investe in nuovi progetti

  • I legislatori hanno posto le basi per nuovi gasdotti internazionali
  • La Corte dei conti europea ha denunziato l’enorme mancanza di investimenti nell’energia pulita
  • I prezzi del gas potrebbero rafforzare l’opposizione agli obbiettivi per il clima degli Stati membri

Le cifre sono sconvolgenti. Dall’inizio del 2021 i prezzi all’ingrosso del gas sono aumentati di oltre il 300%. E visto che il gas naturale, insieme alla combustione, viene spesso usato per generare energia, i consumatori sono stati colpiti in pieno dal rincaro dei prezzi. In Spagna dall’inizio dell’anno le bollette sono lievitate di un terzo. In Italia ci si aspetta un aumento del 40% nel prossimo trimestre.

“La situazione di oggi sottolinea il fatto che dobbiamo porre fine il prima possibile alla nostra dipendenza da combustibili fossili stranieri e instabili”, ha dichiarato di recente Kadri Simson, la Commissaria europea per l’energia.

Un quarto delle fonti energetiche dell’UE è rappresentato dal gas fossile, secondo solo al petrolio. Gran parte è di provenienza russa (il 41%) e, in misura inferiore, norvegese (il 16%). Il gas è un’alternativa al carbone, ma contiene alti livelli di metano che contribuiscono al riscaldamento globale.

La stessa Commissione europea ha ammesso che il gas naturale non è compatibile con la volontà di arrivare alla “neutralità climatica” entro il 2050 e di tagliare le emissioni del 55% prima del 2030. Secondo un’analisi della Commissione il consumo di gas deve essere “ridotto a una piccola percentuale rispetto ai livelli attuali” per raggiungere gli obiettivi di consumo netto pari a zero.

I legislatori UE continuano a dare appoggio al gas

Eppure, quello che sta succedendo è l’esatto opposto. Il 28 settembre 2021 il Parlamento europeo ha dato il suo sostegno alla costruzione di nuovi gasdotti internazionali, nel quadro del regolamento TEN-E, la norma controversa che definisce quali infrastrutture possano far parte della quinta lista europea di PCI, i progetti di interesse comune.

Per le corporazioni rientrare nei PCI significa ottenere permessi accelerati e finanziamenti UE. Gli europarlamentari hanno deciso che le candidature legate al gas saranno ammissibili per i permessi veloci ma non potranno ricevere soldi dal fondo per i PCI, il Connecting Europe Facility (CEF).

Però c’è una doppia scappatoia. Per prima cosa, i gasdotti in cui il gas viene miscelato con una quantità di idrogeno non specificata continueranno a ricevere sussidi fino al 2027. E l’idrogeno, che può essere prodotto da fonti rinnovabili, al momento deriva al 95% da fonti fossili. E poi, secondo gli attivisti, i progetti che rientrano nei PCI di solito ricevono più soldi da altri fondi pubblici che dal CEF. L’appoggio europeo inoltre è un incentivo per le banche a contribuire.

Gli osservatori temono che la prossima lista di PCI potrebbe dare uno status speciale a oltre 70 progetti nel gas, ben più dei 32 di due anni fa. Questo nonostante un’analisi di Artelys (una società di consulenza nel campo della data science) che ha evidenziato come come la maggior parte dei progetti precedenti fossero superflui. Ma c’è di più: si scavalcherebbe la proposta di Kadri Simson di impedire l’accesso, nella revisione del regolamento TEN-E, ai progetti nel gas.

“La lobby del gas è estremamente potente”

Perché sta succedendo tutto ciò? Il parlamento ha ceduto alle richieste del settore, ha detto a Investigate Europe Marie Toussaint, un’europarlamentare francese ecologista. “La lobby del gas è estremamente potente”, sostiene Toussaint.”Fanno un’attività di lobby molto forte: io stessa che sono con i verdi ricevo da loro 3-4 email al giorno”.

Due ONG hanno rivelato che il relatore del regolamento TEN-E, l’europarlamentare conservatore polacco Zdzisław Krasnodębski, si è rifiutato di divulgare i contenuti delle riunioni con le aziende.

“Il lobbismo è dannoso e ha messo radici nel cuore del sistema”, si rammarica Toussaint. Secondo lei finanziare il fossile è scandaloso, soprattutto visto che i prezzi sono schizzati alle stelle.

Per raggiungere i propri scopi, i sostenitori del gas sono riusciti a manipolare le linee guida europee. O meglio, la loro mancanza. La classificazione delle attività sostenibili dell’UE (chiamata tassonomia) è poco chiara su questo punto. Secondo la sua stessa definizione, “La regolamentazione tassonomica (in inglese: Taxonomy regulation) non include, né esclude, il gas naturale”.

La Commissione UE non fa abbastanza

Come segnala la Corte dei conti europea in una relazione, tale ambiguità sugli standard potrebbe mettere in pericolo gli sforzi che si stanno compiendo per proteggere il clima. Eva Lidstrom, l’autrice principale del documento, ha riferito a Investigate Europe che regole vaghe come questa portano a un fallimento del mercato perché gli investitori non sono in grado di capire quali progetti potrebbero trasformarsi in investimenti persi. Lindstrom ha spiegato che: “Dovrebbe esserci maggiore chiarezza su cosa è ecologico e cosa no”. “Abbiamo bisogno del settore privato ma non possiamo aspettarci che le aziende facciano la cosa giuste autonomamente. Sono lì per fare soldi”.

La conclusione principale della Corte dei conti è che la Commissione non sta facendo abbastanza per stimolare gli investimenti sostenibili. Per completare la transizione servirà 1 trilione (mille miliardi) di euro – all’anno. L’UE intende dare €200 miliardi del budget annuale per questa quota. “Il divario negli investimenti è enorme”, fa notare Lindstrom.

“I politici proveranno a trarne dei vantaggi personali”

Dall’altro lato, ci sono altri che sostengono che Bruxelles stia facendo fin troppo. Il capo del governo polacco Meteusz Morawiecki ha accusato l’UE di aver causato la crisi energetica con la sua agenda ambientalista. Il direttore del Green Deal Frans Timmermans ha sminuito l’accusa, insistendo che solo “un quinto” delle tariffe più alte è legato alle normative sulle emissioni.

E mentre questo gioco di accuse reciproche continua, il lavoro di Timmermans potrebbe diventare più difficile. In particolare, sarà complicato mettere a punto il piano di includere nel mercato del carbone anche il trasporto e la costruzione. Le proteste dei gilet gialli in Francia sono iniziate nel 2018 per un aumento della tassa sul carburante. Secondo alcune stime, 3 milioni di persone scesero in piazza in quel periodo.

Annika Hedberg, dell’European Policy Centre, teme che: “L’aumento dei prezzi dell’energia abbia delle conseguenze sul Green Deal”. “Le persone sono intrinsecamente contrarie al cambiamento e alcuni policiti proveranno a trarne dei vantaggi personali”, ha detto.

Ciononostante, Hedberg sottolinea che l’economia potrebbe trarre benefici evidenti dalla decarbonizzazione, tra cui l’energia più pulita.

“Se avessimo più rinnovabili, liquideremmo più facilmente questa crisi”

Se il 100% della domanda fosse coperta dall’energia solare o eolica, le tariffe potrebbero essere molto basse. Ma quando entrano in gioco i costosi combustibili fossili, il prezzo finale viene fissato sul loro valore.

“Se avessimo più rinnovabili e meno gas, liquideremmo più facilmente questa crisi”, sostiene Raphael Hanoteaux del think-tank E3G. Secondo Hanoteaux, parallelamente alla transizione l’UE dovrebbe diminuire il fabbisogno energetico esterno ed elettrificare il riscaldamento.

Ma nel breve periodo la priorità è: “Supporto sociale per attenuare l’impatto del rincaro sulle famiglie”.

Diversi governi si stanno già muovendo con misure di emergenza. La Spagna ha annunciato che recupererà €2,6 milioni dai profitti delle aziende energetiche, la Francia ha assicurato che congelerà le tariffe e l’Italia ha promesso €3 miliardi per contrastare l’aumento delle bollette. Ripieghi come questi, però, sono in grado di difendere i cittadini solo temporaneamente.

Rimane il fatto che il futuro dei combustibili fossili verrà deciso a livello europeo. A novembre la Commissione dovrebbe dare il proprio verdetto sul considerare o meno il gas una fonte sostenibile, prima dell’attesissimo pacchetto di norme di dicembre e della nuova lista di progetti prioritari (PCI) più avanti nel corso dell’inverno.


Contesto generale

Se da una parte la crisi energetica europea è causata dalla dipendenza dal gas, l’aumento globale dei prezzi dell’energia è il risultato di più fattori.

Per prima cosa, un inverno freddo ha fatto aumentare la domanda di energia per il riscaldamento e ha prosciugato le scorte. Poi un’estate senza vento ha colpito le rinnovabili nel momento in cui le attività commerciali stavano uscendo dalle chiusure per la pandemia. A questo si aggiunge il fatto che i vari lockdown hanno rimandato i lavori di manutenzione e la rete ha subito incidenti imprevisti, come l’incendio di uno stabilimento in Siberia. Infine, la domanda in crescita da parte dei Paesi asiatici ha messo pressione sulle filiere di approvvigionamento.

Le ragioni potrebbero anche essere in parte di tipo geopolitico. I legislatori UE nutrono il sospetto che la Russia stia manipolando il mercato per velocizzare l’inaugurazione del suo nuovo gasdotto Nord Stream 2. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), la Gazprom (di proprietà statale) sta riducendo l’erogazione verso l’Occidente. Mosca nega qualsiasi irregolarità.

Mentre le varie parti puntano il dito, è probabile che la competizione globale per l’energia peggiori. Con il prospettarsi di una insufficienza di carbone, la Cina ha ordinato alle aziende energetiche di assicurarsi di avere carburante, a qualsiasi costo. E con l’arrivo dell’inverno, non si prevede che i prezzi scendano a breve.